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La Coscienza dell’Universo o Coscienza Cosmica (di P. Melissari)

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    hartifexassociation
  • 31 lug 2022
  • Tempo di lettura: 17 min

Qui cerco di rispondere alla seguente domanda: quale è l’elemento che collega l’Uomo, la Massoneria e la Coscienza Divina.

È l'esame del simbolico, l'angolo di attacco da me favorito per scavare il solco di una revisione dei paradigmi e dei contributi teorici dei maggiori autori delle scienze sociali delle religioni (storia, sociologia, fenomenologia, antropologia), che servirà qui come un filo rosso.

Naturalmente il filo rosso è la coscienza, che rispettivamente per l’Uomo è la Coscienza spirituale, per la Massoneria la Coscienza del luogo - la Loggia ed i suoi strumenti, perché solo in questo luogo assumono un significato esoterico, in quanto illuminati dalla ragione -, per la Coscienza divina la Coscienza dell’Universo o Coscienza Cosmica.

Se pensate a questi tre concetti essi costituiscono una Trilogia, in quanto esse sono tre forme dell’unica verità, l’Uomo, la Massoneria, Dio, e se vogliamo trovare analogie, Uomo-Figlio, Massoneria-Spirito illuminato, Dio-Padre ed ancora Uomo-Natura, Uomo-Mistico, Uomo-Cosmico, ed infine l’Uomo-pensiero, l’Uomo-parola, l’Uomo-azione queste tre entità o forme possono essere distinte una dall’altra, attraverso la specificazione della coscienza e cioè Spirituale, del Luogo, Cosmica, che si pongono dall’alto verso il basso tra Dio e la Natura.[1]

Per caratterizzare la coscienza spirituale, occorre cercare nell’uomo un atteggiamento originale che la giustifichi come “realtà” specifica, diversa da quella che soggiace alla conoscenza teologica o all’approccio etico, e la ricerchi nel suo esercizio concreto, cioè nell’esperienza spirituale.

Con questa premessa e partendo dalla concezione di “soggetto massone”, come il soggetto che sottomette consciamente la propria vita a certi valori percepiti con riferimento ad una visione che consiste in una via iniziatica, come visone del mondo vivificata dallo spirito per rendere gli uomini compiuti, che supera la razionalità e che parla all’uomo di quello che è più profondo, più perfetto e più puro: l’amore, in cui il Sacro è libero dalle passioni.

Si tratta di una via iniziatica auto-guidata che si presenta come sublimazione delle virtù dell’anima connesse all’insieme dei segreti spirituali da apprendere, e comprendere con metodo lento e tollerante, ed è fondata in ogni istante sul conosci te stesso, come relazione con la propria coscienza e, quindi, con la propria anima, intesa quest’ultima come scintilla divina, attraverso cui l’uomo si collega al Divino, percependo la propria esistenza nella Sua essenza, in un rapporto entità/Ente.

Con i propri sensi l’uomo raccoglie quelle sensazioni che vengono condotte all’unità dalla volontà dello spirito (trascendente e sensitivo) che non proviene dalla ragione, ma dal cuore, luogo virtuale dell’amore.

È solo così che la sapienza, parla all’intelligenza ed applica la conoscenza, nascendo dall’illuminazione che proviene dal Logos-Coscienza Divina.

Sicché il “soggetto spiritualemassone è colui che individua consciamente come valore supremo della propria vita il rapporto personale con Dio, parlando alla propria anima, luce del silenzio.

Di conseguenza, per “coscienza spirituale” (del “soggetto spirituale”) si intende il rapporto dinamico con Dio e il progetto volontario di realizzare pienamente questo rapporto nella propria vita. Una coscienza con due dimensioni, dunque, orientata verso l’unità nella tensione dialettica dei suoi due aspetti, tensione che si deve accettare.

Tuttavia, per un ulteriore chiarimento, bisogna distinguere ancora tra coscienza spirituale e coscienza etica.

Esse si differenziano, non per il fine che perseguono, che è comune: la santità o la perfezione; e neanche per la necessaria trasformazione interiore che il “soggetto” spirituale o etico deve affrontare per raggiungerla.

La differenza consiste nel modo in cui raggiungono il loro fine: una cosa è il movimento volontario (etico) dell’azione, che tende al suo fine, e un’altra il raggiungimento (spirituale) del suo pieno compimento.

In altre parole, l’unica coscienza ha due dimensioni: quella dell’orientamento conscio verso il fine (proprio dell’etica) e quella della fruizione anticipata dello stesso fine (specifico della spiritualità)[2].

Alla coscienza spirituale si accompagna nell’uomo una coscien-za mistica che è un atteggiamento globale della persona spirituale che si mette alla ricerca di una realtà suprema, sicché è l’affermazione dell’esperienza di una realtà (il Mistero), tramite la percezione di un dato “oggettivo” nascosto (mistico) grazie a una speciale apprensione “soggettiva”, che non è né astratta né discorsiva, ma intuitiva.

Si tratta dell’esercizio di un’operazione spirituale “trascendente”, che è una capacità della coscienza di percepire un oggetto trascendente al mondo, in un tipo di percezione che va al di là del modo comune di conoscenza mediante il concetto e il ragiona-mento dialettico. Normalmente, essa si esprime in un linguaggio simbolico, dato che questo tipo d’esperienza si sottrae al dominio del concetto. Infatti come il sacro, il simbolico non ha raggiunto lo status di concetto. È in questo senso – molto ispirato dallo strutturalismo – che si afferma l'utilità di una teoria dei sistemi che opera come integratore logico di elementi simbolici.

Sottolineando che ogni definizione procede dall'enunciazione di un modello, e stabilire se il suo status sia come come "modello di" e "modello per" la realtà, vale a dire la questione dell'efficacia sociale e psicologica del simbolismo massonico. Da che cosa è effettivamente costituito questo modello e come accede a questa forma compiuta che è il "sistema" simbolico-massonico.

Lo status ontologico dei "sistemi simbolici" sembra essere dalla parte delle categorie etiche (quelle del discorso accademico dell'osservatore) piuttosto che delle categorie emiche (indigene), che le appiattiscono armonizzandole: paradossalmente, la modellizzazione procede da una semplificazione della realtà che non è altro che una funzione e forme "pure".

Molto giudiziosamente i modelli di simbolismo possono essere alternativi, sostitutivi o combinati. Ma il cammino di una combinatoria di modelli è senza dubbio altrettanto fecondo se avesse imboccato la strada della modulazione piuttosto che della tipologizzazione delle "funzioni rituali", in altre parole, se fosse andato oltre una definizione tipologica, che stabilisce in ogni caso un modello fisso perché è un tratto astratto, della “vita massonica”.

In altre parole, quando la realtà empirica va oltre il modello teorico, il funzionamento rituale, per quanto euristico possa essere, riflette adeguatamente il carattere dinamico della vita del libero muratore nella pratica. Il divario tra l'astrazione del modello e l'esperienza di attore sociale del libero muratore suggerisce all'analisi molto più di una stratificazione dei piani della realtà esoterica e di una tipologia di funzioni: una modulazione delle forme, che tende a un'inversione dell'epistemologia.

Per esplorare solo due strade che potrebbero fertilizzare la riflessione in questa direzione, sono l'esternalità del sistema di simboli culturali e religiosi (c.d. profani) che si combinano con quelli massonici, alle volte contaminandoli o viceversa, nonché la mancanza di consapevolezza del "significato" che gli attori hanno ricevuto come insegnamento dalle istituzioni educative e culturali (il significato sovra-individuale).

In tutto ciò non c'è complementarietà, ma identica sostanza (cfr. consustanzialità) di prassi e simbolismo, poiché il simbolo si manifesta ad un triplice livello esegetico (quello del significato indigeno) operativo (quello del rito) e posizionale (quello della relazione con gli altri).

Indefinitiva, la questione non è più quale posto debba essere dato al simbolico, ma piuttosto come si costituiscano i referenti simbolici, e quali intrecci sociali siano alla base della loro configurazione ed espressione.

È perciò necessaria una “esegesi simbolica” per la sua interpretazione[3].

A differenza della coscienza spirituale, che si propone un progetto spirituale, la coscienza mistica non si propone uno scopo (anche se è la ricerca, della realtà suprema). Essa è piuttosto la “semplice” presa di coscienza, l’intuito, di una realtà nascosta[4].

Questa concezione della coscienza spirituale e mistica non subisce cambiamenti significativi nella Massoneria, perché la coscienza spirituale è alla radice del progetto di iniziazione che è anche il progetto di vita spirituale attraverso cui il libero muratore, assume personalmente il dono della conoscenza divina, che è in grado di condurre il soggetto stesso a una maggiore chiarezza e ad un impegno più vigoroso verso la ricerca della verità.

È coscienza umana in quanto richiede il concorso umano ma, in quanto soprannaturale, è causata da Dio.

La scintilla che prima della iniziazione inabita l’uomo/massone come presenza interiore di Dio (inabitazione) provoca un’esperienza interiore che si ripercuote nella vita del massone e si converte in principio di vita, per abitarlo come una nuova forma di anima: lo spirito del massone.

Per quanto riguarda la “coscienza mistica”, essa ha la caratteristica di essere distaccata dal mondo immediato della percezione, come effetto della presenza dell’Assoluto e come mezzo per raggiungere un’unità trascendente e assoluta: la coscienza divina.

All’oggetto mistico corrisponde una coscienza mistica, che è propria delle persone che, non accontentandosi della vita comune nel mondo sensibile, partono alla ricerca della realtà trascendente e assoluta. La loro ricerca dell’assoluto inizierà con uno sforzo di purificazione e di superamento della conoscenza legata all’uso dei sensi e perciò all’attività razionale, sempre in cerca di una conoscenza universale e comunicabile.

La coscienza mistica, invece, implica un diverso tipo di conoscenza: semplice, intuitiva, personale e incomunicabile mediante il linguaggio comune.

Il fine del “conoscere” della coscienza mistica è l’unione vitale con Dio, che avviene per il massone attraverso liberi ragionamenti discorsivi e di interpretazione di simboli, che diventano strumenti di stimolo, per la ricerca della verità.

La coscienza mistica, (atto) quindi, fornirebbe le esperienze sulle quali la coscienza spirituale orienterebbe la vita del massone, mentre la coscienza spirituale (potenza) progetta la vita d’unione con Dio.

Così l’uomo-massone diviene un essere entelechiaco[5], che è la trasformazione dell’essere, in dover-essere.


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Infatti è la sua forma sostantiva iniziatica (dover-essere/sostanza) che gli consentirà attraverso il principio di coerenza strutturale, secondo il quale “la struttura della coscienza è riflessa nella struttura della consapevolezza e viceversa”, di raggiungere la perfezione, attraverso diverse forme, in virtù dell’attività interiore autodeterminata dalla scintilla divina, la quale consente all’uomo di collegarsi all’Universo e, quindi, alla coscienza divina[6] attraverso cui si esprime la perfezione assoluta di Dio.

In tutti gli esseri finiti troviamo attualità e potenzialità, perfezione e imperfezione. La materia primaria, che è la base della sostanza materiale, è una pura potenzialità. Inoltre, il cambiamento presuppone necessariamente un elemento potenziale, poiché è un passaggio da uno stato di potenzialità a uno stato di attualità; e le cose materiali subiscono molteplici mutamenti di sostanza, quantità, qualità, luogo, attività, ecc.

Il fatto che tutte le cose abbiano in sé una qualche potenzialità giustifica la conclusione che deve esistere un essere, Dio, dal quale la potenzialità è totalmente esclusa, e che, quindi, è semplicemente attualità e perfezione, Actus Purus[7].

Così che Dio non è un divenire, come in alcuni sistemi panteistici, né un essere le cui infinite potenzialità si dispiegano o si evolvono gradualmente.

Ma Egli possiede subito tutte le perfezioni. Egli è allo stesso tempo tutto ciò che può essere, infinitamente reale e infinitamente perfetto, è l’UNO.

Ciò che noi concepiamo come Suoi attributi o Sue operazioni, sono realmente identici alla Sua essenza, e la Sua essenza include essenzialmente la Sua esistenza.

Per tutte le intelligenze tranne la sua, Dio è incomprensibile e indefinibile.

L'approccio più vicino che possiamo fare a una definizione è chiamarlo l'Actus Purus.

Sicché il nome Dio si dona: "Io sono quello che sono", cioè io sono la pienezza dell'essere e della perfezione[8].

Recentemente, alcuni studiosi[9] sono arrivati a postulare l’esistenza di un’unica coscienza universale c.d. cosmica che si riflette nei singoli centri cognitivi degli esseri viventi. Ci riferiamo alle ricerche di Bernardo Kastrup, pubblicate nel Journal of Consciousness Studies nel 2018.

Chi si interessa di metafisica sa che la coscienza individuale non esiste e che ne esiste soltanto una universale alla quale tutti gli individui dell’universo, animati o inanimati, sono collegati.

Ed allora, coscienza cosmica, significa fratellanza universale

Infatti noi tutti siamo particelle dell’Uomo celeste, cellule del suo corpo, ed evolviamo “con” e “dentro” questo grande Essere, che è immanente e trascendente al tempo stesso. Ne siamo la riproduzione “in piccolo” (macrocosmo e microcosmo), secondo la Legge di Analogia.

Nella Bibbia si dice che l’uomo è fatto “a immagine e somiglianza di Dio”. Anche per Giordano Bruno, grande iniziato e martire, siamo parti di uno stesso Essere: In tutte le cose c’è una connessione ordinata, in modo che i corpi inferiori succedano a quelli mediani e questi ai superiori. Allora i corpi composti si uniscono ai semplici e quelli semplici ai più semplici, quelli materiali si accostano agli spirituali e quelli spirituali, a loro volta, a quelli immateriali, sicché uno solo è il corpo dell’essere universale.[10]

Quando un uomo entra in contatto effettivo con la Massoneria, compirà delle iniziazioni, ovvero delle espansioni di coscienza, guidato da entità più evolute che hanno già percorso il cammino e vivono nella dimensione della Sintesi, ove sono parti consapevoli del grande Essere che si esprime nella Manifestazione.

Lo spirito dell’uomo è dunque in divenire.

L’impegno dell’uomo spirituale sarà pertanto quello di sviluppare e perfezionare costantemente i suoi corpi (fisico, emotivo, mentale), rendendoli puri e perfetti; solo il lavoro gioioso e strenuo su noi stessi potrà condurci alla meta. Le entità più evolute non possono intervenire se noi non abbiamo svolto la nostra parte per poter accedere alla rivelazione del regno spirituale; recita un antico detto esoterico: “Quando l’allievo è pronto, il Maestro arriva”.

L’apostolo Paolo intravede la gloria di chi ha portato a termine tale Progetto di integrazione, che non può prescindere dallo sviluppo dell’Amore: “Io riconosco che le sofferenze del tempo presente non sono degne di essere paragonate alla gloria che a noi sarà rivelata…poiché noi siamo salvati dalla speranza…ed io sono persuaso che né la morte né la vita, né angeli né principati, né cose presenti né cose future, né l’altezza né la profondità, né alcuna creatura potrà separarci dall’amore di Dio.” (Paolo, Lettera ai Romani, Capitolo VIII).

Tale schema si ripete in tutto l’universo e per ogni forma creata, secondo la nota formula di Ermete Trismegisto “Come sopra così sotto”.

La Fratellanza e l’Unità appaiono sempre più fatti naturali, ovvi e inevitabili, e sempre meno ideali religiosi o filosofici.

Nostro compito è la creazione di nuclei di vera Fratellanza, vivi e operativi, che preludano a unità sempre più vaste e siano il riflesso sui piani visibili della Fratellanza operante sui piani invisibili che guida l’evoluzione del Pianeta.

Lo sviluppo della coscienza può essere definito solo dallo sviluppo della coscienza e cioè dallo spirito, che non è altro che l’autocoscienza, cioè la coscienza di sé come spirito.

Certamente una modalità di coscienza e di autocoscienza diverse. Queste modalità diverse di autocoscienza sono appunto le civiltà e anche le religioni a fondamenta delle civiltà.

Credo allora che noi dovremmo interrogarci su quale è la fase attuale nella quale la coscienza sta diventando sempre più consapevole della propria libertà creativa – cioè di essere l’autocoscienza creatrice dell’universo, l’Io creatore dell’universo, la coscienza creatrice in atto. Ecco, io ora sono la coscienza creatrice in atto dell’universo. Sto dicendo delle parole che, potremmo affermare, lo spirito dell’universo immette nella storia ora, in modo inaudito, inedito, per farla crescere. Cioè per fare crescere la coscienza. Pertanto, dati questi presupposti, è chiaro che l’uomo deve collaborare attivamente, a seconda del punto in cui si trova.

Il Buddha dice che il lavoro spirituale è sempre un andare “controcorrente”. Per questo Gesù dice “molti i chiamati, ma pochi gli eletti” (Mt 22,1-14). Pochi vanno nella “porta stretta” (Lc 13,22-30), che è la porta dell’evoluzione. Pochi ci vanno, perché è un po’ difficile e richiede un atto di volontà libera, molto forte e quotidiana.

Allora ci vuole cultura, ci vuole un linguaggio comune, ci vuole una lotta interiore, ci vogliono delle discipline e delle pratiche per collaborare a questa impresa, e io credo che, lentamente, noi liberi muratori, stiamo collaborando per creare grandi raggruppamenti orientati in tal senso.

Quindi, il criterio cioè l’orientamento del comportamento, che sia intrinseco allo sviluppo della coscienza[11] è l’amore.

L’amore non sentimentale o moralistico, ma come ordine organico dell’Essere, di cui la coscienza spirituale è l’autoconsapevolezza. Allora è chiaro che più io sarò questo Io, e più invece di prendere tenderò a dare.

Il Cristo, che per i cristiani è appunto l’umanità divina realizzata, non prende ma dà: “Prendete (voi) e mangiate (voi)”. Mentre Adamo, o meglio Eva, aveva preso il frutto proibito, il figlio di Dio – cioè la coscienza spirituale realizzata – dà affinché gli altri prendano, e in questo modo, donando, realizza se stesso. Questo è un criterio spirituale e iniziatico.

La sfida sta nel trovare un raggio di luce in ogni avvenimento, anche in quelli negativi[12].


§§§


Anima luce del silenzio (di P. Melissari)


Anima

ti amo

e voglio

parlare

con te.

Vivi

nel mio

Tempio

interiore

ma

non ti conosco.

Lavori

incessantemente

per me,

ma poca

attenzione

ti concedo.

La tua

presenza

è sempre

scontata,

ma

non apprezzata.

Alimenti

la mia

coscienza,

partecipi

la mia

esistenza.

Un vagito

ti unisce

al mio corpo.

Nella mia

mente,

vibri

intensamente

di singolarità.

Sei

il mio

Uno,

ma alimenti

il Tutto,

pluralità

dell’illusione.

Sentinella

della

Coscienza Divina,

soffio

di pura

intelligenza,

ti amo.

Anima,

custode

del mistero,

luce del silenzio

parlami

ti ascolto.


[1] Nel cattolicesimo, il Triangolo equilatero simboleggia spesso la Trinità divina. Il triangolo, con i suoi tre lati e i suoi tre angoli uguali, è un simbolo molto espressivo. Lo si vede spesso come aureola sulla testa di Dio o tra le sue mani; a partire dal XVII secolo, al suo interno appare il nome di Yahwéh in ebraico o l'Occhio di Dio che tutto vede. Dobbiamo spiegare perché i massoni ne hanno fatto il loro simbolo: essi l'hanno preso in prestito dalla Chiesa che aveva costituito la Trinità creatrice la protettrice degli architetti e dei muratori».-. Mons. X. Barbier de Montault, Histoire théorique du symbolisme religieux, vol. I, 1884, pag. 53. [2] Ch. A. Bernard, “La conscience spirituelle”, Revue d'Ascétique et Mystique, 41 (1965), 465-466. P. Bernard distingue tra coscienza etica e coscienza morale: “Al fine di evitare ambiguità terminologiche, useremo espressioni diverse per caratterizzare i fondamenti della vita morale. Chiameremo coscienza morale ciò che ci permette di conoscere il valore della nostra decisione (la ‘suneidesis’ dei Greci, la ‘sinderesi’ degli scolastici) e di emettere un giudizio pratico. Chiameremo invece coscienza etica ciò che corrisponde al progetto etico in tutta la sua estensione, l’atteggiamento complesso e ricco dell'uomo che agisce liberamente. Si potrebbe pensare anche ad altre terminologie; ma l'essenziale rimane l’analisi di una realtà dai molteplici aspetti” (ibid., 447, nota 7; trad. red.). [3] Nel cattolicesimo, il Triangolo equilatero simboleggia spesso la Trinità divina. Il triangolo, con i suoi tre lati e i suoi tre angoli uguali, è un simbolo molto espressivo. Lo si vede spesso come aureola sulla testa di Dio o tra le sue mani; a partire dal XVII secolo, al suo interno appare il nome di Yahwéh in ebraico o l'Occhio di Dio che tutto vede. Dobbiamo spiegare perché i massoni ne hanno fatto il loro simbolo: essi l'hanno preso in prestito dalla Chiesa che aveva costituito la Trinità creatrice la protettrice degli architetti e dei muratori. MONS. X. BARBIER DE MONTAULT, Histoire théorique du symbolisme religieux, vol. I, 1884, pag. 53. [4] Alcune caratteristiche di questa esperienza sono degne di nota: sebbene la coscienza mistica sia coscienza di un certo raggiungimento di Dio, questo è sempre mediato, condizionato dal corpo, dalla personale psicologia, dalla cultura, ecc.; siccome è anche esperienza di una trascendenza totale, ha un carattere totalitario che favorisce la riconciliazione del soggetto con tutta la realtà (con se stesso, con il mondo, con gli altri: il suo frutto è la pace); anche se questo movimento trascendente viene descritto frequentemente in termini negativi, è per indicare una via diversa dal modo ordinario di conoscere, di sentire e di pensare, perché la via mistica porta a un nuovo modo d’essere e di conoscere il Dio ineffabile; finalmente, non bisogna dimenticare la dimensione fortemente escatologica di questa esperienza: per il cristiano l’unione mistica anticipa nella fede la vita eterna, si consuma nella visione beatifica di Dio. [5] Il termine entelechia (entelechìa, dal greco ἐντελέχεια) è stato coniato da Aristotele per designare la sua particolare concezione filosofica di una realtà che ha iscritta in se stessa la meta finale verso cui tende ad evolversi. È infatti composto dai vocaboli en + telos, che in greco significano «dentro» e «scopo», a significare una sorta di «finalità interiore». Entelechia è quindi la tensione di un organismo a realizzare se stesso secondo leggi proprie, passando dalla potenza all'atto. noto infatti come, secondo Aristotele, il divenire si possa considerare pienamente spiegato quando se ne individuino le sue quattro cause: Causa Materiale, Causa Formale, Causa Efficiente e Causa Finale. Per designare il compimento del fine Aristotele usò appunto il termine entelechia che indica lo stato di perfezione, di qualcosa che ha raggiunto il suo fine. Aristotele ne parlava infatti come di qualcosa che ha la «vita in potenza» (De Anima, II, 412, a27-b1). [6] Il termine entelechia è stato ripreso intorno all'inizio del XX secolo da HansDriesch, un biologo e filosofo tedesco, in connessione con la sua biologia vitalistica per denotare un principio di perfezionamento interno che, supponeva, esiste in tutti gli organismi viventi. [7] È vero che nello stesso essere lo stato di potenzialità precede quello di attualità; prima di essere realizzata, una perfezione deve poter essere realizzata. Ma, in assoluto, l'attualità precede la potenzialità. Perché per cambiare, una cosa deve essere agita o realizzata; mutamento e potenzialità presuppongono, quindi, un essere che è in actu. Questa realtà, se mescolata con la potenzialità, presuppone un'altra realtà, e così via, fino a raggiungere l'Actus Purus. Così l'esistenza del movimento (nella terminologia scolastica, motus, ogni cambiamento) indica l'esistenza di un motore primo e immobile. La causalità porta alla concezione di Dio come causa non prodotta. Gli esseri contingenti richiedono ad essere necessario. La perfezione limitata delle creature postula la perfezione illimitata del Creatore. La direzione delle varie attività verso la realizzazione di un ordine nell'universo manifesta un piano e un'intelligenza divina. Quando si cerca di rendere conto in definitiva della serie dei fenomeni nel mondo, è necessario porre all'inizio della serie — se la serie è concepita come finita nella durata — o al di sopra della serie — se è concepita come eterna — una pura realtà senza la quale nessuna spiegazione è possibile. Così ad un estremo della realtà troviamo la materia primaria, una potenza pura, senza alcuna perfezione specifica, e avente, per questo, una certa infinità (di indeterminazione). Deve essere completato da una forma sostanziale, ma di per sé non richiede una forma piuttosto che un'altra. All'altro estremo c'è Dio, pura realtà, tutto determinato dal fatto stesso che Egli è infinito nella sua perfezione. Tra questi estremi si trovano le realtà del mondo, con vari gradi di potenzialità e di attualità. [8] Aristotele, spec. "Metafisica", Bk. XI (Berlino, ed. 1831); "Fisica", Bks. VII, VIII; ST. TOMMASO, "Commento. In lib. VII, VIII Fisica". E "in lib. XII Metafisica". (XI di Berlino ed.); "Summa teologica", spec. PI QQ. ii, iii, iv, ecc., "Contra Gent". L. I, c. xiii, xvi, ecc.; PIAT, "Dieu et la nature d'apres Aristotele" in "Revue neo-scholastique", VIII, 1901, p. 167 (riprodotto nel suo libro "Aristotele", L, II, c., ii Parigi, 1903); WATSON, "La metafisica di Aristotele", IV-"La ragione divina", in "Philos. Rev." VII (1898), p. 341. [9] RICHARD M. BUCKE (2009), medico canadese, nel suo libro Cosmic Consciousness sosteneva che ci sarà un’evoluzione spontanea della coscienza… verso una coscienza cosmica. Per lui la prima forma di coscienza era la coscienza semplice, degli animali; la seconda era la forma autocosciente propria dell’uomo; e quindi, come terza forma, – che includeva e trascendeva queste due – c’era la coscienza cosmica. Bucke sostiene che nel corso della sua storia l’umanità presenta una sorta di evoluzione e selezione, concordemente alla teoria di Darwin, ma non solo di natura fisica e intellettiva, anche morale; gli antesignani di tale trasformazione spirituale sono gli uomini di coscienza superiore, fra i quali enumera poeti, filosofi, scienziati, scrittori, fondatori di grandi religioni: sono coloro che percepiscono l’unione col cosmo, le corrispondenze di cui parla anche Jung nel suo piccolo saggio “Sincronicità”. I sincronismi sono quegli elementi di collegamento tra la psiche umana e l’energia cosmica, che fanno sì che vi sia influenza reciproca, “identità relativa o parziale tra psiche e continuumspaziotemporale oggettivo”. Una corrente di energia che testimonia un possibile collegamento tra psicologia e fisica, ipotizzato anche da alcuni scienziati contemporanei. Rupert Sheldrake, un biologo inglese, ha introdotto la teoria dei campi morfici, secondo cui ogni coscienza individuale ha un proprio campo di energia collegato al cervello ma non solo; i campi energetici degli esseri di una determinata specie formano un campo collettivo più grande detto morficoo morfogeneticoche funge da guida per ogni cellula di ogni singolo individuo, a somiglianza degli Archetipi collettivi di Jung. I campi a loro volta possono interagire tra loro. Attraverso l’attenzione e la focalizzazione del pensiero la nostra coscienza può influenzare una parte dell’energia cosmica, così come essa può agire su di noi mediante le “sincronicità”, se le sappiamo percepire e ascoltare: coincidenze significative che sembrano all’improvviso risolvere i nostri problemi.Un altro illustre studioso, il medico Larry Dossey, ha seguito alcuni esperimenti che hanno valutato l’influenza dell’intenzione sulla guarigione di malattie, sul rendimento scolastico o sulle decisioni. Malati di cancro cui erano state rivolte le preghiere di un gruppo di fedeli di vari culti si riprendevano più rapidamente di quelli ai quali non erano state rivolte, ad es.; allievi da cui gli insegnanti si aspettavano di più inquadrandoli in anticipo come “migliori” hanno realizzato risultati migliori e così via....Pare che la compassione e la solidarietà abbiano dunque un qualche valore, siano appunto la manifestazione di una comunione con tutti gli esseri e forse con una Mente Universale, principio organizzativo della Natura. Bucke parla di salti evolutivi: c’era una materia inorganica, da qui “per puro caso” si genera la vita; le probabilità che succeda sono troppo scarse per dire che si tratta del caso e non piuttosto di un fine teleologico; dalla vita si passa all’autocoscienza e da questa alla coscienza cosmica, privilegio di pochi. Attraverso lo studio di questi casi, la riflessione e la meditazione interiore anche noi possiamo contribuire all’evoluzione cosmica, al progresso morale e all’espandersi della coscienza. Gurdjieff parla di livelli successivi di coscienza e di sette tipologie umane. [10] GIORDANO BRUNO, De umbris idearum. [11] VENTOLA, M., GUZZI, M. (2020). Al cuore della questione. Il Progetto Volontà di Roberto Assagioli come eredità decisiva dell’umanità nascente. Città della Pieve: Editrice Nuova Era [12] Vedi: PETER D. OUSPENSKY, “L’evoluzione interiore dell’uomo. Introduzione alla psicologia di Gurdjieff”, Edizioni Mediterranee, Roma, 1985 (ed. or. “The Psychology of Man’s possible evolution”, 1950); RICHARD M. BUCKE, “La coscienza cosmica. Uno studio sull’Evoluzione della Mente Umana”, Edizioni Crisalide, Spigno Saturnia (LT), 1998 (ed.or. “Cosmic Consciousness. A Study in the Evolution of the Human Mind”, 1875 circa); JAMES REDFIELD,“La profezia di Celestino”, ed. Corbaccio, 2014 (ed.or. “The Celestine Prophecy”, 1993); JAMES REDFIELD, MICHAEL MURPHY, SYLVIA TIMBERS, “Il lato spirituale della vita”, Casa editrice Corbaccio, Milano, 2002 (ed.or. “God and the Evolving Universe”, 2002); LARRY DOSSEY, “Alla ricerca dell’anima. Un viaggio illuminante per colmare il varco tra scienza e religione”, Sperling e Kupfer Editori, Milano, 1991(ed.or. “Recovering the Soul”, 1989); Kamala Devi, “Il culto dell’estasi”, Olympia Press Italia, 1977 (ed.or. “The Eastern Way of Love”, 1977); ALDOUS HUHLEY, “Le porte della percezione”, Mondadori, Milano, 2014 (ed.or. “The doors of perception-Heaven and Hell”, 1954); CARL G. JUNG, “La sincronicità”, Boringhieri, Torino, 1980 (ed.or. 1952); JAN CEDERQUIST, “Le coincidenze non esistono”, Rizzoli, Milano, 2010 (ed.or. “Meaningful coincidence”, 2010); FRANK JOSEPH, “Il potere delle coincidenze”, Edizioni Il punto d’incontro, Vicenza, 2011 (ed.or. “The power of coincidence”, 2009); KEN WILBER, “Sex, ecology, spirituality. The spirit of evolution”, Shambhala, Boston-London, 1995.

 
 
 

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